ARTE E POTERE
Tutte le arti: musica, letteratura, (prosa e poesia), drammaturgia, architettura, sono un vitale strumento di espressione e comunicazione che accompagna il genere umano nel suo cammino.
In ogni epoca, con svariati modi e forme, l’arte figurativa ha appagato il bisogno dell’uomo di rappresentarsi, di descrivere la realtà fisica e naturale che lo circonda, quella immaginaria e infine quella politico-sociale in cui è inserito o a cui aspira.
Ma l’arte figurativa ha una sua prerogativa, è realizzata per essere vista, ed ha anche una sua specifica qualità, si deve confrontare prima di tutto con la materia. Scrive la sua poesia con vari strumenti, sulla tela, nella pietra, nel metallo (o altri materiali) e la conosceremo meglio se presteremo attenzione anche alla tela, alla pietra, al metallo e così via.
Nella creazione di un’opera d’arte questo aspetto è così importante, che Michelangelo lo narrò come un vero e proprio combattimento con la materia per piegarla al proprio intelletto e alla propria immaginazione.
0 – Autoritratto con sette dita- Marc Chagall
Se è’ vero che l’arte accompagna il cammino dell’uomo, è anche vero che la produzione artistica non è stata espressione libera, ma è stata costantemente influenzata dall’interazione con le élites sociali, coi poteri politico e religioso. Infatti sin dall’antichità, i grandi committenti e fruitori dell’arte le hanno affidato la funzione di celebrare e legittimare i loro valori.
Ho raccolto perciò da varie fonti, notizie che descrivono le non poche difficoltà che gli artisti hanno incontrato nel corso dei secoli per poter esprimere la loro creatività malgrado i condizionamenti del potere. Questi sono gli aspetti che tratterò.
E mi basterà descrivere il ruolo che gli artisti ricoprirono nella società a loro contemporanea, per sfatare l’abusato binomio genio/follia, genio/sregolatezza, loro sovente attribuito, dal romanticismo in poi.
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Con Arnold Hauser risaliamo alla remota origine dell’arte: perché nacque, come e dove si manifestò e quali furono i primi artisti che la praticarono?
Nelle caverne paleolitiche, furono dipinti con notevole e vivace naturalismo animali selvaggi in riposo e in corsa, a volte inseguiti da cacciatori muniti di lance, o già circondati e trafitti. Stiamo parlando di venti/trentamila anni fa.
2)- Altamira – mani
3)- Altamira – soffitto
4)- Grotta – Lascaux
Questa era l’arte dei cacciatori, uomini che allora vivevano in piccole orde nomadi e che osservavano, appostati giorno e notte, la futura preda in ogni sua forma e comportamento. Preda che costituiva la loro stessa vita, il cibo.
Per questi uomini non esisteva ancora la distinzione tra la realtà e l’immagine dipinta, per cui il cacciatore-pittore, raffigurando l’animale, credeva di acquistare potere su di esso, anticipando magicamente il successo della caccia.
Le immagini dipinte erano “la trappola” stessa, in cui l’animale doveva cadere.
Gli studiosi sono arrivati quindi alla conclusione che il meraviglioso naturalismo dell’arte rupestre non avesse uno scopo estetico, ma unicamente magico.
5°– bisonte di Font de Gaume
- – caccia – Font de GaumeLa stessa collocazione dei graffiti e le loro molte sovrapposizioni lo conferma: non solo erano situati spesso negli angoli più bui e profondi delle caverne, ma gli animali dipinti erano spesso colpiti da armi vere, nel corso di ripetuti riti propiziatori, come ci dicono le scalfitture sulla roccia lasciate dalla punta delle asce e delle lance.
* Si suppone che l’abilissimo cacciatore/pittore col tempo abbia potuto lasciare la caccia e dedicarsi soltanto alla magia/pittura; questo può chiarire la professionale qualità dei graffiti, così come la presenza di abbozzi ed esercizi corretti, fanno supporre una sorta di scuola d’arte paleolitica.
Durante il periodo neolitico, nei millenni, avvenne la prima divisione del lavoro legata al potere: il gruppo ormai divenuto “sedentario”, coltivò la terra, allevò gli animali, fece scorte di cibo e infine divise il mondo in due inventando gli dei, a cui dedicò i riti e le pratiche di culto.
Di conseguenza anche l’arte si divise in sacra e profana: la creazione degli idoli fu affidata agli uomini (potenti maghi che facevano da tramite tra uomini e dei) e la rozza, schematica decorazione degli oggetti quotidiani fu lasciata alle donne.
* L’artista/stregone era ormai esentato dal dovere di procurarsi il cibo.
7- Venere di Willendorf- fertilità
8)-Venere di Lausset (Dordogna)-fertilità
9)- Dolmen di Kiclooney – Irlanda (culto dei morti )
10)- Motivi geometrici di cocci Ungheria
11) – Brocca cinese
11 b)- Stele di Lunigiana – Armi come attributo maschile, due emisferi, i seni, per la figura femminile.
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Vivendo a Torino, la città che vanta il 2° Museo Egizio del mondo, dopo quello del Cairo, ho scelto l’arte egizia come esempio di rigida e totale sottomissione dell’arte al potere e alla sua ideologia, come avvenne per l’arte assira e babilonese.
La nascita delle civiltà urbane aveva creato una piramide sociale, alla cui base erano gli schiavi, i pastori, i contadini, poi gli artigiani, i commercianti, i possidenti e al vertice coloro che avevano accumulato terreni e proprietà: in particolare i faraoni e i sacerdoti.
Tra di essi si creò una naturale alleanza: i sacerdoti con la loro autorità divinizzarono i re, (i faraoni), i re offrirono templi agli dei (e ai loro sacerdoti) per accrescere la propria gloria e all’arte assegnarono compiti di conservazione e glorificazione del loro potere esigendo immagini, ieratiche, altamente stilizzate spesso enormi e imponendo agli artisti di conservarne, quanto più possibile, immutate le forme tradizionali.
D’altra parte essi furono i primi e per molto tempo i soli committenti a dare lavoro e pane agli artisti/artigiani, operai liberi o schiavi, per cui al Tempio e al Palazzo erano annessi veri e propri cantieri e botteghe di enormi dimensioni.
12)- Ramesse II con le dee Amun e Mut a Torino
*Qual’è in Egitto la collocazione sociale dell’artista? Colui che dipinge, scolpisce e modella è un anonimo artigiano come il fabbro o il calzolaio, che svolge un lavoro manuale, quindi spregevole. Il carattere del suo lavoro è così subordinato ai canoni imposti dall’alto, che l’artista sparisce quasi del tutto nell’opera.
E poiché in Egitto l’invenzione di motivi originali, ad un certo punto della storia, per lo più divenne strettamente proibita, tutta l’ambizione degli artisti si rivolse alla fermezza ed esattezza dell’esecuzione, notevole anche nelle opere minori.
13)- Mikerinos e la moglie dalla valle dei Templi – Boston-2350 aC
14)- Tutankamun- la tomba – Egitto
(Canoni dell’arte ufficiale – L’artista rinuncia agli scorci naturalistici, all’intersezione di piani ( rigido tabù), segue formule costanti e convenzionali:
– monumentalità e idealizzazione della figura
- rigida frontalità, che volge allo spettatore tutto il busto e il lato destro delle figure
- proporzioni simboliche tra figure rappresentate ( mogli più piccole)
Solo in età predinastica e nelle prime dinastie ci fu una certa libertà formale e compositiva, che andrà perduta, deviata, con una precisa intenzione. Così l’arte ufficiale egizia rimase pressoché immutata per secoli fino ad Amenothes IV, grande riformatore della religione e dell’arte. Lo stile naturalistico si espresse in modo più libero solo nei corredi e nelle suppellettili funerarie.
Anche la pittura su papiro, terracotta o affresco murale, così come i bassorolievi dipinti , seguirono le stesse regole.
15)- Papiro funerario
16)- Corredo funerario a Leida
Riflessione aperta su arte e libertà’
La costrizione cui deve sottostare il lavoro dell’artista in Egitto è così inesorabile che sembra non esserci spazio per un’attività creativa, ma allora come si spiega che proprio nell’antico Oriente, sotto la più rigida oppressione sono nate grandiose opere d’arte?
La libertà personale non ha dunque diretto influsso sulla qualità estetica delle sue creazioni?
La mostra al museo d’arte moderna ai Parigi “L’art en guerre, France 1938-1947; de Picasso a Dubuffet, ha testimoniato la ricchezza della vita culturale parigina nel periodo della occupazione nazista e del governo Petain. Quindi la mancanza di libertà aguzza l’ingegno?
Ogni opera nasce dalla tensione tra i propositi dell’artista e le limitazioni di vario genere che incontra, l’artista non è mai libero interamente, nemmeno nella più liberale democrazia, perché anche qui lo vincolano condizionamenti sociali estranei all’arte.
Ma allora, i capolavori possono nascere solo nell’anarchia totale?
Lasciamo in sospeso questa domanda per riprendere il filo più avanti, quando tratteremo dell’arte moderna e contemporanea.
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Opposta ad un’arte per l’eternità, che si realizzò in Egitto e nell’antico Oriente è l’Arte greca, che si caratterizzò, dice Werner Fuchs, come l’arte per l’uomo nella sua esistenza presente.
17)- koray 580- koray 590 – Atene
18)- kouros attica – 590 Metropolitan M.
19) – Persefone – Louvre
Dallo stile arcaico delle Korai e dei Kuros ritti e piantati saldamente nel terreno, l’arte greca arriva, durante il classicismo maturo, a creare forme come il Discobolo di Mirone e il Diadumeno di Policleto,(‘400 a.C.circa), che si muovono con calma e naturalezza nello spazio, donne e uomini, dee e dei che sembrano vivere e respirare nel marmo e nel metallo di cui sono fatti.
20) – Copia del discobolo di Mirone – Roma
21) – Copia del Diadumeno di Policleto – Napoli
Ma questa quiete e scioltezza è la conquista di una ricerca per raggiungere la kalokagathia: ovvero l’ideale equilibrio tra corpo e spirito, tra le qualità fisiche e morali dei soggetti raffigurati.
Anche le statue classiche incarnarono idee generali di bellezza, movimento e perfezione fin nei minimi particolari, poggiando sulla rigorosa tradizione artigianale greca, ma la disputa teorica del “canone”, ovvero la migliore misura, forma e proporzione possibile, è molto diversa da quella egizia.
Perché, anche se l’arte greca per un certo tempo assolse ad obblighi religiosi, statue di dee, dei e atleti, Korai, frontoni e metope dei templi, erano probabilmente collegati al culto, già durante la tarda epoca arcaica il legame tra arte e religione si sciolse e l’arte non fu più al suo esclusivo servizio, come accadeva nell’antico Oriente. E ben sappiamo che gli dei del Pantheon greco erano antropomorfi, cioè immaginati piuttosto simili agli esseri umani!
22) – Menade danzante di Skopas 330 – Dresda
- – Iride di Fidia dal frontone del Partenone
La raffigurazione dell’aspetto esteriore e del pathos, della forza e della grazia daranno poi forma, nel tardo classicismo e ancor più nell’ellenismo, ai più singolari atteggiamenti del corpo ed espressioni del volto, che orienterà non solo l’arte romana e paleocristiana, ma in seguito anche quella medioevale.
In tarda età ellenistica la statua greca divenne modello di copie per l’arredamento delle ville romane, dove molti artisti greci lavorarono alla “maniera” dello stile severo, classico, ellenistico.
La maggior parte delle sculture greche conosciute sono in realtà copie romane.
Tuttavia è nelle pitture parietali, nel ritratto individuale e nel rilievo storico che l’arte romana, debitrice di quella greca, porta qualcosa di nuovo e caratteristico.
Al crollo dell’impero romano l’arte bizantina, di nuovo rappresentò il potere sacralizzato, con un’involuzione ieratica degli imperatori d’oriente e i loro cortigiani: un cerchio che si chiude.
- – ritratto di Cicerone – Roma
- – Cibi – pittura romana a Ercolano
* Il compito manuale dell’artista/operaio già a Creta e ancor più in Grecia, è comunque più libero. I suoi committenti sono le città, i tiranni e i ricchi privati, e nel periodo più fiorente della civiltà ellenica esce dall’anonimato: Mirone, Policleto, Callimaco, Skopas, Prassitele, Lisippo…
** Una curiosità. E’ accertato ormai che la scultura greca fosse dipinta e coloratissima e non di bianco algido marmo, equivoco nato dal fatto che gli studiosi dell’epoca, vennero a contatto coi calchi-copie degli originali. Winckelmann stesso amava dire -“un bel corpo sarà tanto più bello quanto più è bianco”,- mettendo le basi dell’arte neoclassica. Comunque davanti alle prove evidenti della policromia ci fu chi propose di ricolorare le statue e chi, al contrario decise di ignorare il “cattivo gusto degli antichi”. E’ la tendenza ancor oggi prevalente.
26- l’arcere e una Kore del frontone di Egina, ricolorazione congetturale.
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Ora con un ardito salto temporale e spaziale arriviamo al Medioevo. Durante l’alto e il basso Medioevo, l’arte si esprime ancora con forme tardo-romane, con il nuovo simbolismo religioso-cristiano. L’Italia medioevale, è divisa all’altezza dell’Appennino da un confine culturale/linguistico: il nord partecipa all’area “romanza” mentre Veneto, Romagna fino ad Aquileia e tutta l’ItaIia Meridionale, sono influenzate dall’arte bizantina.
- – Sarcofago di Giugno Basso III. IV sec. Roma
La Chiesa cattolica fu dalle origini la committente di una quantità enorme di opere d’arte, tuttora famose in tutto il mondo. Come fu il rapporto con gli artisti e le loro opere?
Durante il Medioevo (termine coniato nel ‘400 per indicare “l’età che sta in mezzo”, un oscuro intervallo tra antichità e rinascimento), ogni momento della vita dell’uomo è legato a un significato religioso, persino le carestie, le terribili pestilenze e le ingiustizie, sono interpretate come punizione divina per i suoi peccati. Anche le feste e persino il teatro, cioè le sacre rappresentazioni, hanno una funzione religiosa.
L‘egemonia del clero è assoluta, malgrado il fiorire di eresie e di sette, e garantita dal ruolo della Chiesa, come unica dispensatrice di salvezza.
L’arte religiosa deve incutere il “timor di Dio”, con mostri e angeli, santi e demoni, contrappone il Bene al Male, la perfezione alla deformità: le cattedrali si popolano di figure simboliche e terrificanti dove la salvazione e l’eterna dannazione sono un continuo monito ai fedeli.
28) – facciata di Autun
29) – Nartece di Vèzelay
30) – Capitello di Vèzelay
31)– Sogno dei Magi Autun
La chiesa impose una rigida Iconografia che non ammetteva deroghe: i personaggi rappresentati nei cicli di affreschi e nelle pale d’altare, dovevano essere immediatamente riconosciuti dal popolo analfabeta, che “ leggeva” le storie sacre per trarne ammaestramento.
Così Adamo e Eva, prima del peccato, sono nudi ai lati dell’albero su cui si attorciglia il serpente con la mela e dopo “indossano” la foglia di fico. La Madonna, sempre giovane e bella appare avvolta nel manto bleu, spesso trafilato di stelle, i santi con l’aureola si distinguono dai martiri con la palma, e ognuno di essi appare con specifici attributi che permettono di riconoscerli: Lucia con gli occhi in mano, Sebastiano, legato e trafitto da frecce, S.Pietro martire con l’accetta piantata in testa, Santa Caterina accanto alla ruota dentata, e così via.
32)– Adamo ed Eva- Vertou, Porte del Battistero di Pisa- Bonanno
32 B)-Annunciazione- di Cortona- Beato Angelico
Non era quindi il pittore o lo scultore a decidere come svolgere un soggetto, bensì il committente, che ordinava l’opera e retribuiva l’artista. Tra loro veniva stipulato un contratto verbale o registrato, che precisava, oltre alle modalità del pagamento, le dimensioni dell’opera, i materiali e i colori necessari (alcuni più pregiati e costosi), e nel caso di un’opera religiosa, il numero, l’aspetto, la grandezza dei personaggi, disposti secondo una gerarchia ben precisa.
* Nel medioevo l’artista era un artigiano: un capomastro, uno scultore, un pittore, un orafo che realizzava preziose opere di corredo. Come gli altri artigiani apparteneva alla propria Corporazione, seguiva le sue regole, e dopo un lungo tirocinio, teneva “bottega” dipingendo affreschi, tavole di soggetto religioso, selle, letti, cassoni, armature, insegne etc. Spesso la sua arte era una anonima preghiera a Dio.
Dal tardo Trecento in poi, comincia a esistere una pittura a soggetto laico, ove l’artista, pur avendo committenti potenti come comuni o signorie, poté avere maggiore spazio di interpretazione del soggetto.
Nell’Italia del ‘400 e ‘500, durante il Rinascimento, l’arte fu patrocinata oltre che dalla chiesa, da mecenati, aristocratici, borghesi/mercanti, Medici, Este, Gonzaga, che furono anche primi collezionisti. I committenti offrivano agli artisti la sicurezza economica e l’opportunità di lavorare a grandi progetti e in cambio essi dovevano guadagnarsi e mantenere il loro favore.
* L‘artista cortigiano del rinascimento, diventa umanista, uomo di cultura, emancipandosi dallo spirito collettivo delle botteghe, va di corte in corte, dove l’arte è più considerata, oltre la concezione artigiana. (Trattati di Alberti, Brunelleschi, Leonardo, fino a Michelangelo).
Gli artisti europei, per raggiungere l’ambito rango di maestro, dovevano compiere un obbligatorio viaggio di formazione in Italia, questa consuetudine e la circolazione di stampe e incisioni contribuirono alla conoscenza e diffusione del Rinascimento italiano nel mondo conosciuto.
I committenti fiamminghi, rappresentati nella loro quotidianità, ricchi possidenti o bottegai avranno lasciato maggiore libertà agli artisti che li ritraevano?
- Coniugi Arnolfini – Van Eyck -1434
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Verso la metà del ‘500 un duro giro di vite alla libertà dell’arte, fu rappresentato dal Concilio di Trento, indetto da Paolo III, come reazione alle dottrine protestanti ed eretiche. Esso decretò che l’uso delle immagini sacre fosse sottoposto al controllo delle autorità religiose.
Il compito degli artisti fu definito in modo assai rigido, così come le pene a cui potevano andare incontro discostandosi dalle regole stabilite, a partire dalle multe fino alla scomunica, dal rifiuto dell’opera alla sua messa al bando. Quali furono le conseguenze per l’arte?
Alcuni aneddoti esemplari dell’atmosfera di quegli anni.
Paolo Calliari detto il Veronese (1528-1588), dipingeva grandi teleri con eccelso talento formale e coloristico, e vi rappresentava scene ambientate in palazzi aperti sulla Venezia del 500. Nelle sue opere c’era un gran fermento di vita, non solo nei commensali protagonisti, rappresentati tra vasellame pregiato e tovaglie ricamate, ma anche nella folla variopinta di serventi, militari, buffoni e animali.
Per una di queste tele, L’ultima cena, ordinata nel 1573 dall’Ordine domenicano per S. Giovanni e Paolo a Venezia, il pittore fu chiamato in giudizio dal Santo Uffizio e accusato di svilire il senso mistico del soggetto.
Veronese cercò di giustificarsi invocando la libertà che in genere gli artisti, come i poeti, si prendono per dare libero sfogo al loro potere immaginifico, ma fu condannato a “correggere e emendare l’opera” troppo mondana. Trovò infine una soluzione geniale e prudente al tempo stesso, non apportò modifiche all’opera dipinta, ma le cambiò il titolo in “Cena in casa Levi”.
34) – Cena in casa Levi – Veronese
Questo episodio in cui l’Inquisizione processa un artista, non era raro, è significativo del clima che si respirava in quegli anni, e di fatto segna simbolicamente il passaggio tra due epoche: quello della libertà narrativa e stilistica del rinascimento maturo, all’età del controllo e della censura sull’arte attuata dalla chiesa cattolica, secondo la nuova visione controriformistica.
A proposito dell’influenza che il clima di un’epoca può esercitare sugli individui, Alessandro Filipepi, detto Botticelli, colpito dalla predicazione del Savonarola, ebbe una profonda crisi religiosa che lo portò non solo a decidere di non dipingere più soggetti “profani e licenziosi,” ma di bruciare i più scabrosi.
Il pittore Sebastiano del Piombo, nuovamente, interpretò l’invasione dei Lanzichenecchi e il terribile sacco di Roma, come punizione divina.
35) – particolare della Calunnia di Botticelli
36) – La pietà di Sebastiano del Piombo
E ancora, a un anno soltanto dalla morte di Michelangelo Buonarroti, Daniele da Volterra, detto poi il Braghettone, fu incaricato di velare i 400 nudi del Giudizio Universale per Decreto conciliare, che così recitava: “..che le pitture della cappella Sistina….vengano coperte e quelle delle altre chiese distrutte…”
Comunque, ancora in pieno ‘400, persino Leonardo da Vinci, fu definito “stregone e negromante”, e costretto ad allontanarsi da Firenze, per i suoi studi anatomici, che richiedevano la dissezione di cadaveri.
37) – Part. Del Giudizio universale di Michelangelo
38) – Embrione da Studi anatomici di Leonardo
L’incidente occorso a Veronese ha un raro lieto fine, perché nel periodo dell’inquisizione e della bigotta Controriforma, gli artisti innovatori e controcorrente, furono spesso perseguitati e emarginati, ebbero opere rifiutate e furono privati della ricchezza e degli onori adeguati all’alto livello del loro lavoro.
Col passare dei secoli l’iconografia sacra, pur mantenendo sempre “elementi utili alla lettura religiosa” dell’opera, è cambiata sia per il mutare del gusto e della cultura dell’epoca, ma anche per merito di artisti “ribelli”, che non potendo adeguarsi al modello iconografico già esistente, trasformarono o rivoluzionarono il linguaggio artistico, pagandone, come si diceva, le conseguenze. Come Michelangelo Merisi, il Caravaggio.
Come Domenico Theotokopulos, El Greco che nella maturità si stabilì a Toledo, dove erano fresche le tracce dei roghi degli autodafé e, divenuto famoso per la grande produzione (dovuta ai miseri compensi) entrò inevitabilmente nel mirino del Grande Inquisitore, che guardava con sospetto la sua arte straordinaria.
Fu una annosa sfida convincere il temibile avversario, che la sua pittura visionaria, luministica e precorritrice dell’espressionismo e del cubismo, fosse conforme ai dettami dell’Inquisizione, e comunque una sua opera di soggetto religioso fu rifiutata con conseguente emarginazione negli ultimi anni della vita.
- -Toledo – El Greco fine ‘500
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Un aspetto poco noto della vita degli artisti è la difficoltà economica.
Perseguitato dal bisogno fu il grande iniziatore della scuola senese. La sua vita, come risulta dagli aridi registri comunali, fu segnata da continue salatissime multe, dalla fama di cittadino turbolento, e “in odore di stregoneria”. E’ Duccio di Boninsegna (1255.ca-1319.ca), che fu sempre gravemente indebitato per le multe che piovvero su di lui fino alla morte.
- – La Maestà di Duccio – opera del duomo Siena
- – Il bacio di Giuda – predella
Quando nel 1308 all’ormai “maestro” Duccio venne commissionata La Maestà, l‘Opera del Duomo di Siena stipulò con lui una vincolante“carta dei patti” in cui tra l’altro il pittore dovette giurare sui vangeli di dipingere l’opera da entrambi i lati, solo, senza aiuti, e di non prendere altri impegni fino al termine del lavoro.
Le continue multe, comminate quasi sempre durante lo svolgimento di qualche pittura, compreso il suo capolavoro, la Maestà,( pagatissima all’epoca ), ci appaiono come una penale della committenza per riprendersi i denari e per tenere Duccio sotto controllo!
Altri grandi pittori hanno patito l’inadempienza dei committenti: Tiziano Vecellio (1490-1576) avendo inviato in Spagna per decenni, molte sue opere a Carlo V, all’epoca l’uomo più ricco e potente del mondo e poi al successore Filippo II, senza ricevere da entrambi il becco di un quattrino, si lamentò del fatto in varie lettere di richiesta accorata. Finalmente giunto il momento di recuperare crediti insoluti da ben 25 anni, con disperazione si accorse di non li ricordarli più tutti, tanti erano stati i quadri inviati!
42) – Ritratto di Carlo V – Tiziano
43) – Ritratto del Doge Gritti . Tiziano
A Venezia ancora, Iacopo Robusti detto il Tintoretto, (1518-94) pur avendo come committente la straricca Serenissima, ha dovuto più di una volta impegnare le lenzuola di casa per procurarsi il materiale per dipingere le sue tele!
44) – Autoritratto di Tintoretto
- – La fuga in Egitto di Caravaggio
- – La Madonna dei Pellegrini di Caravaggio
Michelangelo Merisi, il Caravaggio, che da giovane a Roma, aveva venduto il “Fanciullo morso da un ramarro” per dodici scudi, cioè il corrispettivo di una cena all’osteria, come penale per il ritardo nella consegna de “La conversione di San Paolo” e “La crocefissione di San Pietro”, due capolavori assoluti, ebbe solo 300 scudi (dilazionati in 5 mesi), invece dei 400 pattuiti.
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E’ l’artista moderno, che per la prima volta, rivendica con forza la propria libertà di espressione e, nel comunicarci la sua visione del mondo, nell’interpretare la natura delle cose, aspira a incidere sulla realtà.
Come ci si è arrivati? La rivoluzione francese e l’industrializzazione, tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, avevano creato una decisa frattura col passato. In seguito a questi avvenimenti anche l’arte cambiò e si divise in tre filoni: l’artista neoclassico si ispirò ai modelli della classicità, il romantico e il verista, entrambi accesamente antiaccademici, affermarono l’uno la soggettività e l’autonomia dell’arte e l’altro la realtà come unica ispirazione.
Il primo avvenimento dell’arte moderna fu nel 187 la mostra, allo Studio di Nadar,degli impressionisti (esclusi dai Salon ufficiali) con la pittura en pleine aire.
Dopo questo fatto, l’arte non fu più una successione di stili e periodi, ma si caratterizzò secondo gli orientamenti delle “avanguardie” che crearono i loro “manifesti” e si riunirono in movimenti.
All’inizio le loro opere furono violentemente rifiutate, ridicolizzate, e osteggiate dai critici e dal pubblico contemporaneo, perché lontane dalla tradizione accademica. Solo dopo anni e spesso a pittore morto, furono apprezzate e rivalutate anche commercialmente.
All’epoca nacque una nuova figura: il critico d’arte, un intellettuale/letterato, che orientò e influenzò il gusto del pubblico e dei mercanti, acquisendo sempre più il potere di lanciare o stroncare gli artisti a suo piacimento.
In parallelo si consolidò anche la figura del mercante d’arte.
I movimenti di avanguardia o i singoli artisti del novecento, si schierarono spesso socialmente e politicamente: dadaisti (Duchamp), espressionisti (Grosz), i futuristi (Marinetti), i Surrealisti (espulsione di Dalì), Picasso e Mirò denunciarono le brutture della guerra civile spagnola.
A proposito delle avanguardie, un caso di estrema brutalità esercitata dal potere della dittatura nei confronti della libertà degli artisti, e’ avvenuto nel secolo passato in Germania. Le autorità naziste nel ’37 epurarono i Musei di ben 650 opere, da loro individuate, le confiscarono e le esposero al pubblico ludibrio organizzando una mostra itinerante dal titolo “arte degenerata”. Le opere, che rappresentavano le maggiori correnti del ‘900: l’espressionismo (la corrente artistica più presente), il Fauve, il Bleue reiter, il surrealismo, l’astrattismo e così via, però non furono distrutte, ma in seguito vendute. Diversa la sorte toccata ai libri, che furono pubblicamente ammucchiati e bruciati in una terribile e simbolica pira.
47) – Il colpevole rimane sconosciuto di Georg Grosz
48) – Carica di Lanceri di Umberto Boccioni
49) – La vestizione della sposa di Max Ernst
50) – Manifesto della guerra civile di Juan Mirò
51) – Guerra di Picasso
52) – la Torre di Tatlin del ’19
Tra le avanguardie della rivoluzione russa, ricordo Vladimir Tatlin, che perseguiva nell’arte l’ideale rivoluzionario. E’ leggendario il progetto del 1919, La Torre Tatlin, sintesi tra architettura, scultura e pittura, tra i principi di tempo e spazio, simbolo e massima espressione del costruttivismo. L’opera, destinata alla Terza Internazionale, avrebbe dovuto innalzarsi di 400 metri e comprendere corpi ruotanti a velocità diverse, in accordo coi ritmi e le leggi del cosmo.
Ma per vari motivi, tra cui l’avversità che la politica culturale nutriva per l’arte astratta, l’opera non venne costruita, ne rimane il modello, ancor oggi riferimento per l’arte simbolica e utopica.
Intanto in Russia la situazione stava mutando rapidamente: se nel ’31 Tatlin aveva ricevuto un riconoscimento ufficiale come “lavoratore dell’arte”, già nel ’33 alla mostra ufficiale degli Artisti di Russia, il suo lavoro veniva relegato nella sezione degli “eccessi del formalismo”.
Mentre libertà e spirito sperimentale stavano diventando un crimine intellettuale, Tatlin si ritirava dalla vita pubblica fino alla morte nel ’53, povero e isolato.
Una breve digressione per l’arte del ‘900. Un ramo della critica d’arte italiana, di taglio filosofico-letterario, sottovaluta il costante rapporto che intercorre tra l’arte e i suoi mezzi tecnici, a loro volta strettamente legati al cammino della scienza. Viceversa la ricerca scientifica mette a disposizione della creatività degli artisti nuovi materiali, che a loro volta potranno stimolare in loro altre sperimentazioni: un pittore oggi, per i suoi colori, non è più obbligato, a meno che lo voglia, a macinare pietre e minerali, come accadeva nelle botteghe medioevali, l’industria li produce per lui.
1- murale di Siqueiros- Città del Messico
Un episodio di collaborazione strettisima tra scienza e arte, avvenne al tempo della rivoluzione messicana intorno agli anni ’20 del secolo scorso. Infatti fu l’urgente necessità di avere colori più stabili e resistenti agli agenti atmosferici per dipingere i grandi murales, che fece scoprire, dopo serrate sperimentazioni, i primi colori acrilici, ossia quei pigmenti legati da resine sintetiche, oggi molto comuni.
La scoperta di questi colori permise di realizzare e di mantenere la qualità delle opere eseguite da David Alfaro Siqueiros, Diego Rivera e Josè Clemente Orozco, alcuni tra i massimi esempi di realismo epico-popolare del ‘900.
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Che dire dell’Arte contemporanea? Da qualche tempo l’economia condiziona con la logica del mercato globale tutti i settori della realtà politica, sociale, culturale, compresa l’arte.
E’ sempre esistito un rapporto tra arte e denaro, ma negli anni ’80 si è verificato un radicale cambiamento di prospettiva col formarsi di un Mercato dell’arte, regolato da domanda e offerta.
Intanto l’opera d’arte da bene di lusso è diventata, come l’oro e i diamanti, un bene-rifugio o un prodotto finanziario su cui investire.
Non basta più saper stimare il possibile valore economico di un’opera, come prima, ora critica e pubblico vedono solo quello che i conduttori del mercato permettono loro di vedere. C’è una concorrenza spietata tra gli organizzatori delle ben 154 fiere annuali d’arte, che dettano legge imponendo regole all’intero mondo dell’arte.
Gli artisti “visibili” sono costretti ad adeguarsi alla strategia della provocazione, del gesto clamoroso, perché le variabili che influenzano le quotazioni dell’arte sono i media e la spettacolarizzazione. Ecco perché l’arte contemporanea va spesso tradotta! Ma non tutti vogliono stare al gioco.
53) – Cattelan
54) – Eguali pesi e misure di Serra
55) – Le dernier restaurant di Vanessa Beecroft
Stralcio da un brano giornalistico …“ Cresce la “domanda” verso una produzione sempre più nuova ed emozionante, vengono abbreviati i tempi di produzione e i cicli di commercializzazione, ma le esigenze di spettacolarizzazione condizionano verso logiche economiche di massa”…
In questa frase c’è qualcosa che abbia a che fare con arte, creatività, espressione, comunicazione?
Conclusioni
Abbiamo visto i vincoli e a volte la tirannia esercitata nei confronti dell’arte nel corso del tempo.
Per aver successo ai suoi giorni come artigiano, uomo di corte, imprenditore o funzionario statale, l’artista dovette in qualche modo farvi buon viso con notevole renitenza (come Salvator Rosa, Michelangelo), cedere alle pressioni dei committenti come Guercino, cedere al mercato come Canaletto.
Tuttavia l’arte, essendo per sua stessa natura, creativa, ha saputo pure aggirare, o superare, nelle sue manifestazioni più originali, i canoni e i modelli imposti dal potere.
In qualche caso poi è diventata portatrice di istanze e contenuti alternativi all’ordine costituito, precorrendo i cambiamenti politico-culturali.
L’arte (le arti) nei casi migliori è una delle manifestazioni più alte e pacifiche che il genere umano ha saputo esprimere, e, se non siamo troppo distratti dagli aspetti prosaici della nostra esistenza, ci può dare gioia, piacere, emozione, e anche aiutarci a riflettere e progredire nel nostro percorso umano.
Anna Maria Borgna
Torino 2013